INSTALLAZIONI

INSTALLAZIONI


Gianpietro Moretti negli ultimi anni ha intrapreso un percorso artistico ed emotivo difficile da ricondurre ai soli luoghi comuni favoriti da una lettura limitata della storia dell’arte. Per lui, scolpire vuol dire entrare in un territorio creativo difficile da contenere in un giudizio estetico, in un concetto di arte decorativo, più visivo che mentale.

Me ne sono reso conto dopo interminabili discussioni sulla natura dell’arte avute nel suo studio e seguendo la nascita delle installazioni che dal 1999 realizza con un’inarrestabile nuova vena creativa, convinto di aver trovato un linguaggio libero da dogmi formali e da particolari contributi da pagare ad un concetto di arte al servizio dei beni di consumo.

I migliori di colpi di scalpello e martello dati sulla pietra, e l’esperienza maturata nella bottega rinascimentale del padre, lo rendono in questo senso immune dal problema, la sua più grande conquista è oggi, infatti, concepire le sue sculture come se non dovessero essere mai viste da nessuno. Non c’è proprio niente da aggiungere a questo argomento, considerare le sue possibilità espressive come uno spazio veramente aperto al vissuto, e con esso l’importanza che assume il vivere quotidiano e gli affetti, la natura dei luoghi dove si vive e il lavoro, la gioia e il dolore.

Come l’interpretazione di un sogno non è mai finita, le sue opere sono un’immagine d’arte che assume una forma che da l’impressione che non sia mai conclusa, e il tempo ne faccia sempre parte, come se la finzione in continuazione si mescolasse alla realtà, e viceversa coinvolgendo nel ritmo in progressione del gesto creativo, tutto ciò che rientra nell’orbita dei pensieri che sta vivendo in quel momento, lasciando chiara la sensazione di trovarti di fronte ad un’opera eseguita ed esposta non come scoperta formale sulla quale costruire chissà quali discorsi estetici, ma di stare effettivamente vivendo l’esperienza emozionale collettiva che l’artista vuole farti vivere, come se aspettasse da te qualcosa per completarla.

Le ultime realizzazioni esaltano questo concetto, si offrono all’interpretazione come fossero fotogrammi di un documentario cinematografico di forte impatto emotivo al quale non puoi non partecipare attivamente anche tu. Come in un film infatti i protagonisti della storia che di volta in volta racconta sono molti, innumerevoli le riflessioni ed i particolari che contribuiscono a raccontarla e a coinvolgerti direttamente.

Moretti fa parte di una generazione di artisti che mette in campo ciò che conosce e si rapporta inesorabilmente con i grandi temi sociali, con la libertà di esprimersi, con la fame e con la sete, con i cambiamenti epocali in atto. Questi sciamani contemporanei, conoscono la forma dell’incantesimo dell’arte, dell’antica magia del potere delle immagini e la usano per dare il loro contributo senza istinti omicidi, a ridisegnare una funzione dell’erte e dell’artista nella società contemporanea.

Ad un mondo dell’arte che si dipinge come una macchina fuoriserie lanciata a tutta velocità contro una montagna di lingotti d’oro, corrisponde una immagine d’arte impegnata alla riscoperta dei volti della gente, del valore delle storie e delle culture a rischio di estinzione, come le persone umane ei cieli luminosi, le stagioni e l’acqua pulita, i fiori nei campi e i pomodori negli orti. Le vicende vissute, con volontà e amore per la vita, dalla maggioranza delle persone, sopravvivono nel tempo diventando importanti quanto i fatti eclatanti avvenuti che riempiono i libri di storia.

Gianpietro Moretti è un artista che ha compreso la situazione dell’arte del suo tempo, il cammino che ha intrapreso con la realizzazione del 1999 di La montagna che scompare veicola proprio queste finalità della comunicazione artistica. Non arte come produzione di idoli da adorare nei viziati salotti delle metropoli e negli assurdi salottini delle città di provincia, inutili icone da epopea nella corsa all’oro, ma arte come lettura non speculativa del mondo, valorizzazione dei luoghi e delle culture, delle sue risorse umane e naturali. La scena che rappresenta nelle sue opere è sempre movimentatissima. Scollato da regole e convenzioni, vuole impressionare e ci riesce, la pagina tratta dal diario su cui registra puntualmente i suoi sentimenti, le sue relazioni, ogni sua emozione, si anima e si rivela.  Le sculture che realizza, le cose che sceglie in studio e poi assembla nel luogo stabilito, non sono casuali, entrano in scena, una dopo l’altra, attrici prescelte del frammento di vita vissuta che ha deciso di raccontare. Le forme e i colori, le luci ele ombre, si rincorrono, si incontrano e relazionano tra loro, per poi nuovamente separarsi per diventare un altro episodio del racconto che si sta facendo e con il quale interagire e trovare un altro percorso di riflessione. L’immagine d’altre, un’altra volta, grazie a Moretti, tra utopia e realtà, perde la dimensione naturale e i toni dell’intimità, per assumere i caratteri di una comunicazione universale.


                                                                                                                                                                                                   Lillo Marciano


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